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Cure palliative un segno di civiltà

19.10.2013 11:12

 

Cure Palliative: un segno di civiltà

E’  opinione comune  che le Cure Palliative si configurino come  un trattamento di seconda linea,  ultima spiaggia entro la quale  abbandonare il malato quando, la buona  medicina, quella vera , quella dei monitor, dei robot ultramoderni e dei “Medici in prima Linea” non  è stata in grado di offrire risposte esaustive a quel desiderio di eternità che alberga in ciascuno di noi.

E’  opinione comune che le Cure Palliative siano  cure di “Fine Vita”  e, perché no, cure di “Inizio Morte”, pensiero questo che relega  i malati    in una sorte di quarantena, un ghetto terapeutico, dal quale nessuno può uscire, ed all’interno  del quale nessuno può accedervi  senza esserne fatalmente ed inesorabilmente contagiato.

Meglio negare la malattia stessa, se necessario!

E’   opinione comune   che le Cure Palliative, nella espressione di alcune procedure che le sono proprie ( es. sedazione o  sospensione dell’idratazione), possano configurarsi più come  atto eutanasico che non come un irrinunciabile  gesto terapeutico volto al controllo di sintomi, talvolta persino  più drammatici  del morire stesso.

E’  opinione comune, quindi, che chi intraprende un cammino di questo tipo si accinge  di fatto ad imboccare un percorso diverso, un percorso  di morte, dimenticando però che il morire stesso è ancora dentro la vita, ne fa tenacemente parte, così come  ne fa parte la nascita.

 Assistiamo quotidianamente alla celebrazione  della onnipotenza della medicina,  trascurando e occultando la fragilità della vita  stessa. Ma questa medicina così tecnologicamente avanzata ed efficiente porta nei suoi geni il lavoro  di una moltitudine di medici capaci di stare accanto al malato, di ascoltarlo e di prendersene cura, senza l’ausilio di monitor o di scanner. 

Nella definizione che l’OMS  (Organizzazione Mondiale della Sanità 1999) da delle  Cure Palliative così si legge:”.. cura attiva  e totale dei pazienti che non rispondono più a trattamenti curativi..”; ed ancora: “..lo scopo delle Cure Palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita per i malati e per le loro famiglie[..]” .

Viene da chiedersi se bisogna attendere necessariamente l’inefficacia dei “trattamenti curativi” per potere ottenere il sollievo da sintomi drammatici come il dolore, la dispnea o ancora il vomito incoercibile ; viene da domandarsi se la “migliore qualità di vita per i malati e per le loro famiglie” debba  ricercarsi esclusivamente quando, forse, di vita non ne rimane più tanta da spendere. Per tutti questi motivi  le Cure Palliative non dovrebbero essere considerate Cure di Fine Vita ma Cure Vitali,   alle quali tutti i pazienti possano accedere ma senza per questo dovere  necessariamente capovolgere  la clessidra del proprio tempo.

Un segno di civiltà.

Dott. Michele Sofia